LA PERFIDIA DI BONIFACIO (IL CINEMA SARDO NON ESISTE)

14 dicembre 2014  |  di Ademaro Zichi

“PERFIDIA” , IL SUCCESSO CINEMATOGRAFICO DI BONIFACIO ANGIUS, VISTO DAL NOSTRO ADEMARO ZICHI

Il cinema sardo non esiste. Si parla da anni di rinascita del cinema sardo o di nouvelle vague, ma questa è sempre stata poco più che un’invenzione giornalistica, perché quasi tutti i registi isolani cercano di fare un cinema che si allontani dal cliché “turistico” che quasi tutti hanno della nostra isola. Eppure ultimamente in Sardegna si produce molto cinema, con risultati spesso sorprendenti.

La Sardegna è una terra che porta in sé delle particolarità e, anche, delle unicità che costituiscono un patrimonio da riconoscere, studiare e proteggere, ma tentare continuamente di assegnare a questo o a quell’altro fenomeno culturale un’attestazione di “sardità” mi sembra sterile e anche pericoloso, in un certo senso.
Dico sterile, e dico pericoloso, perché questa ricerca di un germe che accomuni tutti i sardi e che ne attesti l’assoluta originalità culturale rispetto all’esterno, non fa che sommare all’insularità geografica, già di per sé fatalmente limitante, un’insularità culturale che non accetta scambi e non permette crescita.
È per questo che ho sempre trovato fastidiosa l’espressione “cinema sardo” per definire un fenomeno che in realtà non esiste, o cerca di non esistere.

Bonifacio Angius, con Perfidia, dimostra ancora una volta si può fare un film in Sardegna senza parlare di Sardegna.
Eppure Perfidia è un film autenticamente, intimamente sardo.
Non mi sono contraddetto: voglio dire che si può parlare di Sardegna – e cercare di coinvolgere nel dibattito chi sardo non è e potrebbe (incredibile ma vero!) non essere interessato alla nostra terra – stimolando un immaginario differente, che non coinvolga necessariamente pecore, banditi, processioni della settimana santa e mamuthones. Chi si assume il compito di fare arte dovrebbe sforzarsi di proiettare lo sguardo in avanti e raccontare attraverso le sue opere questo sforzo.
Mi pare che l’operazione di Bonifacio vada proprio in questa direzione: raccontare la crisi, l’isolamento, l’impossibilità di amare, mettendo sotto alla lente d’ingrandimento il microcosmo di una famiglia.

Come ogni racconto ben congegnato, Perfidia parte da un conflitto: c’è, appunto, una famiglia messa in crisi dalla morte della madre. Angelino, figlio trentenne abulico e ammutolito e suo padre Peppino, distante e cinico. Sono rimasti soli all’improvviso, cercano di costruire da zero il loro rapporto.
Attorno ai due protagonisti, Angius mette un corollario di personaggi tipici di qualsiasi periferia italiana, che passano il loro tempo al bar a discutere del nulla con lo sguardo perso nel niente delle loro giornate, chiedendo solo di essere lasciati in pace. (“Le città come Roma o Vicenza sono meglio di qua, non ti caga il cazzo nessuno, c’è un’indifferenza…diversa”)

Nel film non succede quasi niente, e sta qui la vera forza di quest’opera: con una lentezza implacabile, perfida, appunto, Angius guida lo spettatore attraverso l’incubo di Angelino, incapace di esprimere a parole il suo disagio, inetto nel costruire un rapporto con la ragazza (Noemi Medas) che a un certo punto pare interessarsi a lui, indifferente alla malattia del padre che arriva puntuale come uno scherzo a metà film.
Peppino cerca in tutti i modi di trovargli un lavoro, al cantiere o al call center, arriva persino a candidarsi alle elezioni per poter assicurare un posto a questo figlio quasi sconosciuto.
Angius non concede nemmeno il sollievo della catarsi finale, perché l’atto definitivo di Angelino, l’unico che compie in tutto il film, arriva e passa senza sconvolgere la sua vita.

Gli attori sono quasi tutti non professionisti (a parte Mario Olivieri, che interpreta Peppino e Noemi Medas che dà corpo invece alla ragazza) e questa, forse, è la scelta che ho capito di meno, ma sarà una mia deformazione professionale. Nonostante tutto l’Angelino di Stefano Deffenu è sempre coerente nella sua fissità e la scelta di farlo parlare a monosillabi è giusta e interessante.

Anche dal punto di vista stilistico il film è notevole, oltre alla fotografia livida e invernale di Pau Castejón Ubeda, mi piace ricordare la sequenza che racconta il primo incontro tra Angelino e la ragazza: un rallenty divertente e ironico che chiama in causa il cinema di Wes Anderson forse, o i fratelli Coen.

L’obiettivo di Bonifacio era chiaro ed è stato centrato: raccontare la provincia sarda in crisi riuscendo a parlare a tutti e di tutti. È questo credo basti a decretare un successo, senza considerare il Premio dei Giovani vinto a Locarno e il grande successo di pubblico in Sardegna e, per adesso, a Roma e Milano.

Ademaro Zichi

2 Commenti a “LA PERFIDIA DI BONIFACIO (IL CINEMA SARDO NON ESISTE)”

  1. Mario Olivieri scrive:

    Bella recensione che coglie perfettamente lo spirito innovativo del film di Bonifacio Angius. Quella che non capisco ( perché non se ne evince una connotazione positiva o negativa) è la frase…”Gli attori sono quasi tutti non professionisti (a parte Mario Olivieri che interpreta Peppino e Noemi Medas che da’ corpo invece alla ragazza) e questa, forse, è la scelta che ho capito di meno, ma sarà una mia deformazione professionale. Nonostante tutto…
    Insomma, caro Zichi, Bonifacio doveva scegliere tutti non professionisti o tutti professionisti? Potresti disvelare meglio il dubbio che mi attanaglia? Grazie.

  2. Ademaro Zichi scrive:

    Caro Mario, volevo dire che sarebbe stato meglio andare fino in fondo in una delle due direzioni. In questo caso, scegliere di raccontare la storia con degli attori, vista la tipologia di sceneggiatura e il tipo di film, mi sarebbe sembrata la scelta più coerente. Comunque, tu e Stefano Deffenu avete trovato un modo di duettare veramente efficace, equilibrato e commovente.
    Per il resto, son punti di vista! Il film mi è piaciuto lo stesso, e molto!
    E quindi, ancora complimenti!

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di mille battute.


caratteri disponibili


ALTRI ARTICOLI