ZIBBO, L’IDEA FENICIA DI NICOLA
UN NUOVO PECORINO NATO DALLA SINTESI TRA METODI ANCESTRALI DI CONSERVAZIONE
Noi sardi siamo gente strana! Ostentiamo un fantomatico orgoglio nazionale salvo poi farci le nostre belle guerre intestine per un tozzo di pane, sbandieriamo una non meglio identificata e spesso patetica balentia per poi vendere l’anima, la terra e il mare al primo miliardario con pareo, infradito dolce e gabbana e accento forestiero meglio se padano. Un esempio semplice ma emblematico è il formaggio. Credo che nessuno possa mettere in discussione che la Sardegna è una delle capitali mondiali, per tradizione, varietà e qualità, di questo meraviglioso prodotto dell’agroalimentare. Un vero continente di sapori, che parte da Alghero e finisce a Uta , con una varietà di forme, colori, stagionature incredibilmente vasta per un’isola non certo enorme per estensione. A un certo punto appare la modernità e con essa il fisiologico bisogno di innovazione. Nel nostro caso cosa succede? Un casaro qualsiasi, ardito e sperimentatore, tira fuori dal cilindro un erborinato da latte di pecora; e noi come lo chiamiamo? Ma è ovvio ! “gorgonzola sardo” così come il “taleggio sardo”, il “parmigiano sardo”, il “provolone sardo”. Questa spersonalizzazione è triste e sconfortante come il perpetuarsi dell’equivoco, secondo il quale innovare corrisponde a scimmiottare le cose che fanno gli altri. Spesso scimmiottandole male! Questo mio ennesimo sfogo sull’incapacità di noi sardi di valorizzare le migliaia di tesori di ogni genere che possediamo, nasce da una scoperta che va esattamente nella direzione opposta al quadro malinconico che ho dipinto nelle righe precedenti. Qualche giorno fa Nicola Culeddu, uomo di scienza e di grande sensibiltà ambientalistica, mi porta ad assaggiare una sua idea di evoluzione di un pecorino di Ittiri. Partendo da una materia prima di base eccellente Nicola ha avuto l’intuizione di avvolgere le forme nelle foglie della Zibba, la pianta palustre utilizzata per produrre la Merka di Cabras. La Merka è probabilmente, se non la più antica, una delle tecniche di conservazione che si perde nella notte dei tempi e che è arrivata ai nostri giorni senza alcuna variazione. I marinai fenici, per non farsi mancare il cibo durante le lunghissime rotte da un approdo all’altro del Mediterraneo, bollivano i muggini in acqua alla quale univano una quantità di sale il cui peso variava in rapporto al peso del pesce e al tempo di conservazione desiderato. Una volta raffreddato il muggine veniva avvolto nella Zibba (Atriplex Portulacoides, fam. Chenopodiaceae) che, nonostante l’opinione diffusa che conferisca al pesce particolare aroma, ha una funzione di regolatore dell’umidità e dell’ossidazione, favorendo una perfetta conservazione del cibo. Ed eccoci a ZIBBO il pecorino nato dalla geniale intuizione di Nicola: un formaggio semistagionato a pasta semidura compatta di colore giallo paglierino scarico, occhiatura modesta e regolare; profumi eleganti e delicati verso il centro della forma con ricordi di fieno fresco, brezza marina e tiglio che cambiano in nocciola e ricordi tartufati e di humus nelle vicinanze della crosta. Consistenza decisa che diventa cremosa dopo la masticazione, sapidità in perfetto equilibrio con la freschezza della componente acida; retrogusto lungo con ritorno delle sensazioni di terra bagnata rilevate al naso. Il merito di Nicola, a parte la bontà di un formaggio al quale auguriamo la fortuna che merita, è di aver lavorato in un’ottica di rivisitazione della tradizione che è frutto della sintesi e dell’incontro tra due elementi fortemente identitari. Questa è l’innovazione che ci piace e che ci fa amare l’essere sardi.
20 luglio 2011 alle 19:22
Caspita!!!mi viene l’acquolina! ma si trova già in commercio? adoro le ‘vacanze del gusto’! Sentire lo spirito del luogo nel piatto! intendo girare tutta la regione e assaporare ogni sua prelibatezza! e questo formaggio sicuramente è incredibile!
26 luglio 2011 alle 13:33
che bella idea. questa è innovazione vera. bravi.
28 luglio 2011 alle 09:36
Knowledge wants to be free, just like these ariclets!
6 agosto 2011 alle 13:20
molti interessante!
mi permetto però di affermare che siete si gente strana ma perchè state cementificando e svendendo allo straniero (nel XXI secolo!) il paradiso terrestre….