Una birra per freaks

12 aprile 2010  |  di Antonio Canu

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Credo che tutti sappiate chi era Hunter S. Thompson. Inventore del Gonzo journalism, un giornalismo d’inchiesta nel quale il giornalista era protagonista attivo degli eventi narrati con uno stile romanzato influenzato nella delirante descrizione dei fatti da un uso tuttaltro che morigerato delle sostanze psicotrope più disparate, è assurto ad imperitura fama anche tra chi non ha mai letto un suo libro grazie all’interpretazione del nostro data da Johnny Deep nel mitico film “Paura e delirio a Las Vegas”.

Si ma, vi chiederete, cosa c’entra Hunter S. Thompson con la bottiglia del mese che, come scoprirete, questa volta è una birra e non un vino? C’entra, eccome! Il birrifico artigianale Flying Dog, nato ad Aspen nel Colorado nel 1990 e trasferitosi più recentemente nei nuovi, belli e modernissimi impianti di Frederick nel Maryland è figlio della mente malata di George Stranahan. Costui, che oggi si presenta come un distinto settantanovenne dai capelli folti e bianchi, è stato ed è un fotografo, un artista, un ribelle, un attivista antimilitarista ed un educatore alternativo nelle tre scuole da lui fondate basate su metodi didattici antiautoritari e innovativi. Sulla sua decisione di aprire un birrificio e di chiamarlo Flying Dog, il cane volante, racconta varie storie sempre diverse ormai diventate leggenda. Ciò che è ricorrente nei suoi racconti circa la sua arte birraia è il principio: non lasciate che vi facciano bere merda. Legato a Hunter S. Thompson da un’amicizia quarantennale è stato per lungo tempo suo vicino di casa e con lui ha condiviso tutta la vita le passioni per il bere, il parlare di politica, le armi da fuoco, il rumore e alcune droghe. E, sostiene George, gli ha anche ispirato lo stile di produzione delle sue birre. Non solo ma gli ha anche presentato il grandissimo cartoonist alternativo Ralph Steadman, il disegnatore delle fantastiche etichette delle birre della Flying Dog, spesso ispirate dallo stesso Hunter S. Thompson, che sempre riportano la frase di Hunter “good people drink good beer”. Insomma una bella combriccola di vecchi svalvolati militanti anarcoindividualisti.

Dopo che Hunter S. Thompson nel 2005 è morto in circostanze misteriose – ufficialmente suicidio, ma gli amici e la moglie parlano di omicidio politico – e dopo che, come da sue volontà, le sue ceneri sono state sparate nel cielo del Colorado con un cannone usando le enormi quantità di polvere da sparo che Hunter teneva in garage mentre Johnny Deep e George Stranahan officiavano la cerimonia, lo stesso patron della Flying Dog ha deciso di dedicare all’amico e complice di mille malefatte la sua birra migliore creata apposta per lui. Non poteva che chiamarsi Gonzo questa birra, come il più utilizzato degli pseudonimi di Hunter S. Thompsoin: dottor Gonzo appunto. Ah, il titolo di dottore gli derivava da una laurea in teologia presa per corrispondenza conferitagli dalla Chiesa della Nuova Verità.

Flying Dog Gonzo Imperial Porter – American Style Imperial Stout

Alc.: 8,7% vol. – IBU: 85

E’ nera come la pece. Ha una bella schiuma nocciola cremosa e abbondante e non molto persistente. Già le prime olfazioni ci introducono in un’universo di profumi. Malto tostato, frutta tropicale surmatura, cioccolato. E poi inchiostro, sangue, cuoio, frutta secca, miele di castagno e un finale dolce di english tofee. In bocca te la aspetteresti densa e spessa e invece ha una buona scorrevolezza. Il corpo è intensamente maltato e intensi sono i sentori tostati. Su tutto inizialmente un amaro lungo e complesso e, nonostante la bassa carbonazione, l’alcool rimane quasi nascosto, pronto a sorprenderti quando ti alzerai dalla sedia. Il luppolo arriva dopo a picchiarti, vigliacco, alle spalle grazie al dry hopping con luppolo Cascade usato con maestria rara per l’aromaticità. Una birra unica, dalla personalità strabordante. Dopo averla bevuta vi verrà voglia di attaccare con un commando di freakettoni ubriachi un birrifico industriale e di darlo alle fiamme.

A tavola con carni affumicate, con dessert caldi al cioccolato fondente o con frutta secca dolce. O da sola, a casa, con nello stereo “Kick out the jams” degli MC5 a tutto volume.

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