The sweet and the sour: Beeside & scotch ale.

4 aprile 2012  |  di Antonio Canu

Il sogno di ogni oscuro giornalista musicale è quello di poter incappare un giorno in un musicista che gli permetta di poter affermare di aver scoperto qualcosa di speciale, di avere la possibilità di replicare il famoso <<ho visto il futuro del rock’n'roll, il suo nome è Bruce Springsteen>> che diede a John Landau fama imperitura.
Beh l’altra sera a Sassari, nella cantina della libreria Odradek dove Federico Pazzona presentava il suo primo cd “Mood Spirals” pubblicato con il moniker Beeside, non so se ho visto il futuro tanto da poter presagire per lui qualcosa di grande.
Di certo sentirlo cantare le sue canzoni accompagnato da una chitarra acustica suonata divinamente, ascoltarne le melodie cristalline che si scontrano, come onde sugli scogli, con i testi cantati in un inglese meravigliosamente sporco e strisciante mi ha dato le stesse emozioni di quando, diciasettenne, sentii per la prima volta gli Smiths; le stesse impagabili e credevo non replicabili sensazioni di quando, un paio d’anni dopo, partirono dal mio stereo le prime note di “Greetings to the new brunette” di Billy Bragg.
Il sensuale rotolare della voce e delle melodie, la cruda furia sentimentale dei testi, la sublime bellezza dell’imperfezione. E ancora una volta rabbia e amore e gioia e ironia e ferocia. E la sfrontatezza di camminare col vento in faccia ostentando le proprie debolezze, il dito medio alzato contro gli sguardi sporchi del mondo, “giving a smile to them/while they’re clapping their fucking hands“.
Dentro questo esordio di Beeside, dentro “Mood Spirals” ci sono 12 canzoni, 12 declinazioni in musica del concetto di bellezza. E i testi più intensi ascoltati da molto, molto tempo. Scritti con cura maniacale, frutto di un lavoro da calli nelle mani, complessi e immediati insieme. Un lavoro sudato sulle parole e le storie che rimane però invisibile e ti lascia libero di interpretarle, di vestirle come se fossero tue, emozioni su misura tagliate e cucite per te.
E che musica ci sia dentro questo disco, ad essere superficiali e a fermarsi alla forma, sarebbe facilissimo da dire: “Mood Spirals” è un disco di new folk prevalentemente acustico (sostituite new con il prefisso che più vi aggrada: psych, weird, alternative, acid, forest, blues…) influenzato dalla storia del genere sia britannica che americana passata e recente, nonchè dagli ascolti di rock alternativo e indipendente di cui si colgono i sedimenti nella stratificazione dei brani. E che si colloca tra i due, tre più bei dischi di new folk tra le decine che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi anni.
Ma a definirlo così non si coglie che la scorza di questo lavoro che è molto altro e molto di più.
Questo infatti al di là della forma di folk acustico, peraltro stilisticamente impeccabile, è inequivocabilmente un disco punk. Come erano punk i brani acustici degli Husker Du, come sono punk per John McEntire i suoi Tortoise. Canzoni come le avrebbe scritte Nick Drake se le avesse scritte oggi, dopo aver militato in un gruppo di hardcore punk degli anni ’80.
Bello e terribile essere sicuri di avere già trovato, in un mese vicno all’aprile, il disco dell’anno.
Un tormento scegliere la sostanza alcolica da abbinare a “Mood spirals”. Forse solo la complessità sfrontata, irruenta e sincera di un vino bianco naturale, velato e di alta gradazione. Oppure, come ho fatto, una birra che ha una pronuncia simile all’inglese in cui canta Federico, duro, stoppato e sibilante, dove la esse è la lettera più musicale mai sentita: la violenta e sensualmente arrogante DOGMA, scotch ale di Brew Dog che per chi scrive è la migliore brewery artigianale al mondo. Un blend di 10 differenti tipi di malto con infusione di miele di erica, quasi sette gradi e mezzo d’alcol, the sweet and the sour in armonico contrasto. L’abbinamento ideale per le mood spirals generate da questo straordinario esordio discografico di Beeside.

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