Fenomenologia del taco. Di popoli, di resistenze.

29 gennaio 2015  |  di Giovanna Bonu

Bianco, rosso, nero, blu. Sono solo alcune delle decine di varietà di mais coltivate in Centro e  Sud America, ancora oggi una delle risorse fondamentali per  molte popolazioni native. Il mais non è infatti solo giallo, come ci hanno abituati anni di manipolazioni genetiche da parte delle multinazionali che, in questo modo, controllano meglio noi attraverso il cibo e distruggono  la biodiversità. I nativi americani coltivano ancora specie di mais di colori differenti per favorirne la sopravvivenza; se una varietà si ammala e per quella stagione non produce, altre varietà danno  frutti assicurando il cibo. Viaggiare per il Messico significa inebriarsi di quel sapore e di quei profumi, non volerli abbandonare e al ritorno ricercarli. Questo è un articolo sul taco. E non solo. Il taco. Quel piccolo involtino realizzato con una tortilla ripiegata su se stessa, fatta di farina di mais e che può contenere condimenti di vario tipo a seconda dei gusti o degli orientamenti filosofici. Memori di un viaggio di quattro anni fa nel paese dei Maia, io e Antonio Canu abbiamo deciso che questa volta non avremmo lasciato niente al caso e la riedizione sarda dei tacos sarebbe stata perfetta. Tanto da impazzire per voler ritrovare, in piccolo negozio di Città del Messico, la tortillera, come mi piace chiamarla anche se un nome non ce l’ha. La tortillera è lo strumento per realizzare in modo professionale le tortillas e trasformarle nei tacos che ci racconteranno un’altra storia. La preparazione è semplicissima.

Per sei tortillas:
-250 grammi di farina di mais
-120 ml di acqua tiepida
-sale
-Evo
Sciogliete il sale nell’acqua. In una ciottola mettete la farina, aggiungete l’olio e l’acqua in cui avete fatto sciogliere il sale. Impastate con l’aiuto di un cucchiaio di legno o con le mani. Lavorate la pasta per almeno dieci minuti sino a renderla liscia. Poi lasciate riposare per 30 minuti. Riprendete la pasta e formate 6 palline. Nelle ricette il consiglio e stendere col mattarello per formare 6 dischi rotondi. Voi farete così. Io con la mia nuova tortillera otterrò in un secondo dei cerchi perfetti. Mettete sul fuoco una padella da crepes e quando sarà ben calda adagiate la tortilla, girandola su entrambi i lati. Cuocete in questo modo tutte le tortillas e mettetele una sopra l’altra coprendole, in modo che rimangano calde non si secchino. Le mie tortillas sbilenche, troppo sottili o troppo grosse, che hanno torturato parenti e amici nel corso di cene sperimentali, ora avranno almeno le sembianze di veri tacos mexicanos! Certo, siamo dovuti ripartire. Un bel sacrificio.

Ripartire per rinascere ancora una volta in quella terra meravigliosa ricca di un passato ogni volta più incredibile, e di un presente purtroppo ancora necessitante di lotte.Per la terra e per la salvaguardia del cibo. Proprio il mais è il protagonista di una delle storiche lotte del Messico. La battaglia iniziata dal paese centroamericano per impedire la semina del mais transgenico compie 18 anni. Il mais, proprio quello giallo, è una delle coltivazioni più soggette a modificazioni genetiche. Ma la lotta dei popoli del mais prosegue, frenando l’avanzata degli Ogm. E il Messico è il centro di origine di queste lotte. E’ un tema di importanza globale e una boccata d’aria fresca davanti al disastro che vive il paese, con uno stato che massacra i suoi figli, i giovani, i campesinos, gli indigeni. Nel novembre del 2014 la giuria internazionale del Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) affermò nella sentenza finale “la proibizione del mais transgenico in Messico, per bloccare la contaminazione e la violazione dei diritti dei popoli che crearono il mais”. Si appellò a varie istanze delle Nazioni Unite, della Fao e della Convenzione della Diversità Biologica affinché ottemperassero  all’obbligo mondiale di proteggere il centro dell’origine del mais. “Il mais – sostengono i rappresentanti del Tribunale dei Popoli – è uno dei principali grani base dell’alimentazione di tutto il pianeta e la miglior “invenzione” agricola che ha ereditato l’umanità. Gli alimenti non erano originariamente come li conosciamo  oggi; tutti i semi che si coltivano nel mondo sono il frutto della cura collettiva che le comunità indigene e campesine realizzarono nei secoli, convertendo i semi in patrimonio dei popoli al servizio dell’umanità, come afferma La Via Campesina”.

Le comunità mesoamericane crearono dal “teocintle”, una graminacea silvestre antenata del mais, una pianta con pannocchie che esplose in una enorme diversità di colori, forme, sapori e  proprietà , che cresce  nelle terre calde, sia a livello del mare che nelle montagne, anche a 3000 mila metri di altezza. Quando arrivarono i conquistatori il mais copriva le terre a partire dal Canada sino alla Terra del Fuoco. “Il mais è una pianta umana: non esiste né si moltiplica senza l’azione dell’uomo”. Però il suo polline si espande col vento, con gli insetti, gli uccelli, muovendosi e crescendo ancora una volta grazie alle mani dei contadini che gli danno rifugio, che lo alimentano e se ne alimentano.

Gli organismi transgenici violano tutto questo. Sono ibridi sviluppati in laboratorio solo per la grande produzione industriale e uniforme, realizzata con macchinari pesanti e l’uso massiccio di pesticidi. Una volta nel campo la contaminazione transgenica è inevitabile è ha un impatto gravissimo sui mais campesini, sulla salute e sull’ambente. Ma è un grosso affare per le imprese- Monsanto, DuPont, Singenta – che detengono il 95 percento del mercato globale dei semi transgenici. Queste grosse imprese stentano a credere di non essere ancora riuscite a legalizzare la semina di masi transgenico in Messico, anche  se le autorità governative  hanno sempre consegnato le ricchezze della nazione al miglior offerente transnazionale. Il governo autorizzò centomila ettari di cotone e di soia transgenica e dal settembre del 2012 avrebbe voluto autorizzare la semina commerciale del mais transgenico.

Si scontrò con una forte resistenza delle popolazioni, movimenti e organizzazioni sociali, intellettuali, artisti, scienziati critici, consumatori, sia a livello nazionale che internazionale, che lo impedirono. La protezione promossa da organizzazioni di apicultori nella penisola dello Yucatan ha fermato la semina legale della soia transgenica che minaccia l’apicultura e contadini che sopravvivono attraverso essa. Nel caso del mais la resistenza popolare è iniziata da una decina d’anni. Il mais sarà sempre intrecciato con la vita dei popoli e la loro resistenza non si fermerà. Come recita la sentenza del tribunale: “ Este Tribunal Permanente de los Pueblos capítulo Mėxico, es simultáneamente testigo y partero de una nueva realidad. Ellos, allí arriba, tienen el reloj. Ustedes y nosotros, aquí abajo, tenemos el tiempo”. Come recitava lo slogan del Gran festival Mundial de las Rebeldias y las Resistencias contra el capitalismo che si è tenuto a Città del Messico lo scorso dicembre, DONDE LOS DE ARRIBA DESTRUYEN LOS DE ABAJO RECONSTRUYEN.

“ Las zapatistas y los zapatistas que somos,
rebeldes en nuestra patria mexicana,
porque somos amenazados de destrucciòn junto con nuestra madre tierra,
debajo del suelo y por encima de nuestro suelo,
por los malas personas ricos y malos gobiernos,
que todo lo que ven piensan en convertir en su mercancìa,
que se llaman capitalistas neoliberales.
Levantamos la bandera de la REBELDIA ZAPATISTA”

Subcomandante Insurgente Moisès.
Mexico, enero del 2014. A veinte años del inicio de la guerra contro el olvido.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di mille battute.


caratteri disponibili


ALTRI ARTICOLI