“Potteloereke”, dal birrificio più piccolo del Belgio

22 novembre 2014  |  di Fabio Piredda

Cosa sarebbe il Belgio senza la birra? Senza dubbio qualcosa di più grande rispetto a ciò che sarebbe la birra senza il Belgio. Cioè niente. La geografia della birra, da sempre caratterizzata da una forte concentrazione di blasonati birrifici nei paesi nordici, deve a un paese come il Belgio un po’ tutto: la storia, l’affinamento delle tecniche produttive, la cultura dell’imbottigliamento con rifermentazione in bottiglia, le produzioni di fattoria (le saison), ma forse soprattutto l’incommensurabile spessore qualitativo e storico delle produzione monastiche. Queste ultime sono sempre state rappresentate dalla ristretta ed esclusivissima cerchia delle cosiddette birre “trappiste” e da una più vaga e per nulla regolamentata sequenza di birrifici “d’abbazia”, produttori di birre più o meno direttamente legate ai monasteri. Chiaramente le dinamiche commerciali e lo sviluppo birraio del Belgio hanno portato la maggior parte dei più celebri birrifici trappisti e abbaziali a una lenta ma costante espansione di non poca rilevanza, in alcuni casi fin troppo esagerata e addirittura compatibile (ahimè) con la grande distribuzione. Quello di cui mi fa tanto piacere scrivere oggi è un birrificio belga piuttosto tradizionale, uno dei tanti il cui nome comincia con il sempre affascinante diminutivo “St.” e che produce in chiarissimo stile monastico. Dove sta la particolarità? Sta nel fatto che questo è in assoluto il birrificio più piccolo di tutto il Belgio: la “Huisbrouwerij Sint Canarus”. Piet Meirhaeghe di Astene ha cominciato la sua avventura come semplice homebrewer nel 1988. Faceva le sue birre in casa per allietare le serate in compagnia di amici e parenti. Nel 1993 si trasferì a Gottem dove un giorno per caso venne invitato a partecipare a un incontro di artisti locali e hobbisti. Quel giorno cambiò totalmente la sua vita. Fra gli avventori della serata ci fu infatti un addetto alla direzione del birrificio “Riva” di Dentergem, il quale rimase molto colpito dalle birre di Piet, lo invitò subito al suo impianto e in breve tempo gli diede un ruolo di primissimo piano in azienda. Ma si sa, la voglia di un grande birraio di possedere un birrificio tutto suo è una specie di incurabile malattia degenerativa che prima o poi deve trovare il suo sfogo. Trattò col birrificio e ottenne una caldaia in acciaio inox in dismissione. La portò in un piccolo casolare che aveva acquistato per pochi soldi vicino alla chiesa di Gottem, e parallelamente alla sua occupazione di responsabile della produzione e del controllo microbiologico del birrificio Riva, nel tempo libero trasformò un’ala del casolare in brew-pub. Oggi l’impianto di Piet produce solo 3500 litri, quantità che per un birrificio belga che esporta le sue birre all’estero, è davvero minima.

La Potteloereke presenta un’etichetta colorata e abbastanza vivace, raffigurante un artigiano che lavora vasi in terra cotta nel suo laboratorio. Al momento di stappare la bottiglietta da 33cl un leggero effetto “gushing” rende necessario un veloce versamento dentro il calice, che, vista la complessità della birra in questione, consiglio ampio e che ben si presti a una ricca ossigenazione. Il colore è davvero bello, di un rosso rubino carico reso opalescente dai lieviti in sospensione e sormontato da una infinita schiuma pannosa, aderente e di buonissima persistenza. Il naso racconta di toffee, melassa e frutti rossi (ciliegia) su un elegante sfondo etilico “smussato” da sentori aciduli e speziati di palese percezione. Agitando il calice e riproponendomi la birra al naso ecco che arriva la nocciola, il marzapane e una bellissima ventata di torba accompagnata da una evoluzione dei toni etilici che mi ricorda molto dei Bas-Armagnac d’annata. La assaggio preparandomi a ricevere tutto il calore degli 8°abv. Ed ecco che con grande stupore l’alcol sembra quasi non esserci affatto. Un susseguirsi di toni dolci di frutta matura (pera) e spezie (coriandolo e cannella) si fanno strada nel palato lasciando al loro passaggio un “effetto asciutto” che non ci si aspetta da un “pane liquido made in Belgium”. Un finale di grande equilibrio, pulizia e secchezza rende questa birra molto meno stancante di tantissime (permettetemelo) stucchevoli espressioni birraie invernali di tendenza maltata. La complessità in questa birra non limita la facilità della beva, e al contrario, pare curiosamente quasi al suo servizio. Birre come la Potteloereke rappresentano a mio avviso al meglio la cultura birraia belga. Forse non la più moderna e avvezza alle evoluzioni del mercato, ma senza dubbio ancora oggi la più affascinante al mondo nonché la più naturalmente adatta agli abbinamenti gastronomici. La straconsiglio davanti a ricchi stufati, zuppa di lenticchie, a una generosa bruschetta al radicchio e gorgonzola, o in alternativa, a dei formaggi di latte di pecora di stagionatura medio-alta.

2 Commenti a ““Potteloereke”, dal birrificio più piccolo del Belgio”

  1. Antonio scrive:

    Il gushing ci ha po’ fottuto ma ciò che non ha schiumato sul tavolo si è abbinato a meraviglia con lenticchie scalogna aromatizzate allo zenzero accompagnate da un profumatissimo riso basmati.
    Giovanna & Antonio

  2. Fabio Piredda scrive:

    ragazzi voi si che mi date soddisfazione. Bravi!

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di mille battute.


caratteri disponibili


ALTRI ARTICOLI