Dennis Wilson: the real Beach Boy

10 novembre 2008  |  di Antonio Canu

dwilson-2.jpgL’unico vero surfista dei Beach Boys era lui, Dennis Wilson. Gli altri, nonostante il gruppo sia diventato famoso per le numerose canzoni con il surf nel titolo e nei testi, su una tavola non sapevano neanche come passarci la paraffina. Era la sua vita sull’onda che ispirò il fratello Brian a scrivere alcune delle più immortali e quintessenziali canzoni pop del Califrornia dreamin’ degli anni 60.
Della band Danny era il batterista, e le sue capacità come musicista erano talmente sottostimate che pare che in alcuni brani di inizio carriera al suo posto suonasse qualche professionale turnista. Lui sembrava non prendersela, aveva donne e sostanze chimiche e onde da cavalcare. Dietro l’apparente spensieratezza abissi come quelli su cui, abbronzato e bellissimo, scivolava leggero sulla sua tavola. Alcol, droghe, qualche apparizione cinematrografica e una pericolosa amicizia con Charles Manson segnarono la sua vita di angelo caduto e di rocker geniale e inaffidabile, ennesima vita bruciata sul lato sbagliato della strada. La batteria gli stava stretta e da solo, rivelandosi abile polistrumentista, o con pochi amici musicisti e il fedele compositore e produttore Gregg Jackobson, seminava frammenti, intuizioni geniali, goccie di splendidi distillati pop chiuso nello studio di cui era proprietario insieme al fratello Carl. Tutto ciò finì nel suo primo ed unico disco solista ufficiale uscito nel 1977, questo meraviglioso “Pacific Ocean Blue” che ora, dopo essere stato introvabile e fuori catalogo per anni viene finalmente reso di nuovo disponibile in una meravigliosa Legacy Edition della Sony che oltre a quell’album contiene anche le sessions del suo sucessore “Bambu” incompiuto e mai pubblicato.
Dodici canzoni quelle del disco originale, americane, anzi californiane, fino allo spasimo. Brani dove gioia e dolore sono i due lati inscindibili della vita come ben riassunto dal titolo nel quale l’oceano è pacifico e “blue” nel senso di colore ma anche di malinconico stato d’animo. Dall’apertura di “River Song” venata di gospel alla bluesy “Friday Night” cantata con una voce che dice più di mille parole (“everything that I am or will ever be is in the music. If you want to know me, just listen“, amava dire), dai geniali arrangiamneti di fiati di “Dreamer” al boogie di “What’s Wrong”, alle malinconiche, disperate e sussurrate “Thoughts of you” e “Farewell My Friend”, fino alle bonus tracks, su tutte “Holy Man” strumentale e con una coda chitarristica da brividi, tutto è perfezione.
Sul secondo cd di questa riedizione l’inedito “Bambu” suona incompiuto, fragile, imperfetto ma pieno di gemme rare, di sussulti di meraviglia che ci dicono cosa ancora Denny ci avrebbe potuto regalare. O forse no, non è così, solo la consapevolezza di bruciare in fretta ci ha potuto donare queste canzoni che raccontano la gioia e l’abisso della fine di un’epoca, la scomparsa di una mitologica California dell’anima pronta ormai ad incendiarsi di punk.
Dennis Wilson afogò pieno d’alcol nelle acque del suo oceano nel 1983 appena dopo il suo trentanovesimo compleanno. Perciò con un pò di pudore, nel rispetto delle regole di questa rubrica, mi tormento nel scegliere il miglior vino da abbinare a queste canzoni. Credo però che Denny sarebbe felice ed onorato di alzare con noi uno e più bicchieri del più marino dei nostri vini. Un vino che berlo è come leccare una roccia di granito spruzzata di salsedine. Uno dei più grandi vermentini, un diamante liquido come pare lo chiami il suo geniale produttore. E il mare questo vino, oltre che nel corredo organolettico, ce l’ha anche nel blu della splendida ettichetta che avvolge le bottiglie della vendemmia 2007: è il Matteu di Bustianu Ragnedda,  un vino per il quale se dovessimo trovare un riferimento onirico non potremmo che pensare ad una bionda ed efebica donna nord europea sdraiata, nuda e bagnata, sugli scogli di granito arroventati dal sole di una Gallura pre turistica dei primi anni sessanta.
A Dennis Wilson dunque, che una goccia di diamate liquido ti si posi sulla lingua, ovunque tu sia.

1 Commento a “Dennis Wilson: the real Beach Boy”

  1. piero scrive:

    per chi non lo conosce:

    http://it.youtube.com/watch?v=C5aDk1oB_PE

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