Veri, vivi e ribelli: le D2D Sessions e i vini di Sa Defenza

3 marzo 2021  |  di Antonio Canu

Quando iniziavo a pensare che musicalmente ciò che mi bastava, tutto ciò di cui avevo bisogno erano soltanto gli Sleaford Mods, quel pezzo di merda di Lou Reed, i dischi della Record Kicks e nient’altro (a parte forse qualche girl group prodotto da Phil Spector), ecco che salta fuori la serie di incisioni  “Direct-to-Disc Sessions” dell’etichetta inglese Night Dreamer a ricordarmi che dal punto di vista degli ascolti musicali sono un bulimico polimorfo perverso e che di musica buona, la più varia, la più storta, la più meticcia, la più sudata, la più sporca e divertente non ne ho mai abbastanza.

“Night Dreamer” è un album di Wayne Shorter del 1964, il suo primo per la Blue Note  come leader. La giovane etichetta discografica inglese Night Dreamer prende il nome da quel disco e conserva qualcosa dell’essenza di ciò che Shorter stava cercando di trasmettere: something that’s both light and heavy. Il cuore dell’etichetta è la serie “Direct-to-Disc Sessions”. Finora otto uscite tutte realizzate con un processo che prevede l’incisione diretta su acetato di esibizioni live in studio, spesso in una sola take, senza interferenze. “Dal microfono Neumann alla pressa Neumann”, come dicono loro, scendendo poi solo una rampa di scale per andare allo stabilimento discografico di pressa di vinile Record Industry che sta sotto lo studio.

E che studio!

L’Artone Studio, dove tutte le Direct-to-Disc Sessions vengono registrate, si trova ad Haarlem in Olanda. Lo studio è stato allestito con un’ampia gamma di apparecchiature vintage per masterizzazione e registrazione assemblate e restaurate meticolosamente in sette anni.  Tra queste uno dei soli quattro mixer RCA 76D funzionanti  rimanenti al mondo – lo stesso modello utilizzato ai Sun Studios – insieme agli amplificatori Westrex Capitol, progettati specificamente per gli studi Capitol per registrare artisti del calibro di The Beatles e The Beach Boys. Delle otto uscite cinque, approfondite qua sotto, sono gioielli imperdibili e le altre tre (Seun Kuti and Egypt ‘80, Seu Jorge e Roge, Emma Jean Thackray) mai meno che bellissime.

L’abbinamento con queste meraviglie discografiche, vere, vive, naturali, dirette e senza trucchi né correttivi merita vini che le rispecchino nella forma e nella sostanza, nel metodo produttivo e nel risultato finale. Fin dai primi ascolti e dopo la scoperta di come queste sessions sono state realizzate, continuavano a titillare la mia memoria olfattiva e gustativa i ricordi dei vini di Sa Defenza di Pietro, Paolo e Anna Marchi vignaioli a Donori nel sud della Sardegna.

Vigne coltivate senza contaminazioni chimiche seguendo il ciclo naturale, senza irrigazioni, né concimazioni, né diserbo dei filari (a meno che qualche pecora decida di pascolarvi) e con giusto l’aiuto di poco zolfo solo se e quando necessario oltre che di macerati di ortica e aglio. Nell’azienda a gestione familiare si producono anche susine, agrumi, pesche, cereali, ceci e cicerchie. Biodiversità, viti che convivono con la macchia spontanea circostante e con le altre colture e terreni vivi che ospitano un’infinita varietà di microrganismi, i così detti consorzi microbiologici, regalano uve sane con una forte impronta dei luoghi da cui vengono che ci danno i così originali e diversi vini marchiati Sa Defenza che ho deciso di abbinare ai dischi delle D2D Sessions. Le fermentazioni sono spontanee con i lieviti autoctoni e le straordinarie bottiglie che la loro cantina produce sono meno di 15.000 tra tutte le etichette. Vale la pena cercarle e assaggiarle tutte. Anche se sarà difficile fermavi ad un assaggio e vuoterete la bottiglia in un attimo. Questi infatti sono vini sfrontati, ribelli, gioiosi e dalla beva ingorda; a volte semplici e altre complessi, ma sempre con tante cose da raccontare a tutti. Spremute di uva e di vita vera. Felicità liquida.

Mogollar – “Anatolian Sun”/ MM BINGIA DE FRADI 2017

Fondati nel 1967 e vera leggenda della psichedelica turca, i Mogollar stanno al folk rurale dell’Anatolia, ai suoi strumenti tradizionali e ai suoi temi microtonali e più in generale alla musica folk di tutta l’Asia minore affacciata sul Mediterraneo, come i Pentangle e i Fairport Convention stanno al folk anglo-sconto-irlandese. E non vi sembri blasfemo il parallelo tra i giganti albionici e questi shamani irriverenti fondatori dell’Anadolu Psych roots, perché niente hanno da invidiare quanto a perizia tecnica, capacità innovativa che contamina ed elettrifica la tradizione e, più semplicemente, quanto a canzoni meravigliose e immortali ai da noi ben più noti sacerdoti pagani del quasi coevo british folk revival. Qui, nei due volumi delle Direct-to-Disc, guidati da due dei membri originari della band, liberi da vincoli ed esaltati dalla modalità diretta e non mediata della registrazione dei due giorni di sessions, ci regalano un viaggio progressivo, psichedelico e mind expanding difficilmente replicabile.

Da abbinare al MM BINGIA DE FRADI 2017. Uve Syrah da una vigna anomala, sviluppata in lunghezza e caratterizzata da due tipi diversi di terreno che creano dalla stessa uva, per magia della natura, grappoli dalle caratteristiche diverse. MM scorre nel bicchiere con un colore inchiostro e un’unghia ematica. Inchiostro che torna tra i profumi insieme a notte balsamiche, di macchia mediterranea e selvatiche. Teso, croccante, ruvido. E’ del 2017 ma sembra appena nato ed ha una vita di evoluzione davanti. Intriso della presenza eterna dello spirito guida che protegge, anima e mostra il cammino a tutti i vini della famiglia Marchi.

Gary Bartz & Maisha / 3/4 BIANCO 2019

Il ritorno della leggenda vivente Gary Bartz. L’uomo che soffiava dentro sax alto e sax soprano durante le Cellar Door Sessions di Miles Davis, una delle incisioni più importanti, luciferine, eccitanti, infuocate e groovy del XX secolo; il collaboratore di Charles Mingus, Max Roach, Art Blakey; l’autore, insieme ai Mizell Brothers, di uno dei capolavori del jazz-funk, “Music Is My Sanctuary”, adorato da soul jazzers e hiphoppers e da questi ultimi stracampionato. Con lui i Maisha, centrali nella rinascita britannica jazz di questi anni della quale sono l’ensemble di spiritual jazz più eccitante. Protégé di Giles Peterson, per la cui Brownswood hanno inciso il già classico “There Is A Place”, mischiano afrobeat e broken beats, musica persiana e il jazz delle sfere di giganti  come Pharoah Sanders e Alice Coltrane. La miscela delle due entità è la roba più hot in circolazione. Musica in fiamme.

Da ascoltare ballando e bevendo il 3/4 BIANCO 2019 – Teso, acidità viva, agrumato ed erbaceo di erbe fresche e spontanee. Succo d’uva pieno che sculetta vitale di sale e di funk liberando la mente. Come diceva il Divino: “free your mind and your ass will follow”.

Sarathy Korwar & Upaj Collective / DEMINERA CANNONAU 2019

Improvvisazione spontanea preceduta da esercizi collettivi di respirazione pranayama tra i musicisti per bilanciare e mettere in sintonia la mente rendendola più ricettiva ai nuovi suoni e all’ispirazione dell’interplay. Spiritual jazz e autentica musica classica indiana tra omaggi ad Edward Said e al pensiero decoloniale. Pura magia che eleva alla trance e prepara allo scontro.

Da ascoltare bevendo il DEMINERA CANNONAU 2019. Forza e finezza, fierezza rustica. Mineralità di radici che hanno scavato il granito. Tradizione e modernità fuse alla perfezione. La bottiglia pur ricca d’alcol finisce subito, tonifica e corrobora e si presta, una volta finita, ad essere riempita di benzina ed ad essere usata nella gioia della battaglia.

BaBaZuLa – “Hayvan Gibi” / SACAVA SULLE BUCCE 2018

Il suono psychedelico di Istanbul. Il classico “Anadolu Psych” – inventato alla fine degli anni ‘60 dai Mogollar autori di un’altra, già leggendaria, Direct-to-Disc Session descritta qui sopra – mischiato a heavy rock’n’roll, elettronica, folk dell’Anatolia  e radicalismo sonico lanciato a bomba nel XXI secolo. E niente è più heavy del saz, una sorta di bouzuki a sette corde, elettrificato ed in assolo permanente effettivo. I QuickSilver Messenger Service mischiati col folk turco, il dub, i Faust, la distorsione e una cucchiaiata abbondante di LSD.

l’Abbinamento è col SACAVA SULLE BUCCE 2018 – Uve Vermentino macerate a lungo sulle bucce. Poi un anno in acciaio ed un ulteriore affinamento in vetro. Naso pieno di frutta candita, resina di legna fresca appena tagliata, fiori ed essenze spontanee di macchia, confettura di albicocche. Sorso tondo e pieno di frutto polposo. E poi minerali e sale, a farlo dritto e pulito. Da bere senza fine.

Etuk Ubong – “Africa Today” / FURAU 2019 Vino bianco frizzante ancestrale

Etuk Ubong è un trombettista, compositore e bandleader nigeriano. Secondo Seun Kuti “una delle cose migliori mai uscite da Lagos”. Afrobeat, Highlife, jazz e percussioni rituali Ekombi. Musica vibrante e con un tiro pazzesco che, come solo in Africa ed in Nigeria in particolare, sa essere tremendamente fisica, terrigna e corporea quanto mistica e spirituale, tanto consapevole e carica di significati politici quanto eccitante e groovy. Un suono personalissimo dall’impatto internazionale, “Earth Music” senza barriere dall’Africa per il mondo. Come sempre e per sempre Ancient to the Future.

FURAU 2019 Vino bianco frizzante ancestrale. Mosto delle uve destinate al 3/4 Bianco e al Sacava Sulle Bucce rubato (furau) durante la fermentazione. Presa di spuma in bottiglia sui lieviti e nessuna filtrazione. Sfrontato, sfacciato, pungente. Modernissimo seppur figlio di un metodo di produzione arcaico, antico come il vino. Come le session di Etuk Ubong: come sempre e per sempre Ancient to the Future.

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