Alessia, l’andalusa per caso

22 febbraio 2017  |  di Piero Careddu
Tempi curiosi. Tempi nei quali incontro gente che va e sparisce, gente che torna e investe in zone disastrate, gente che non è mai voluta andare via. Ci  sono poi alcuni che partono e trovano la loro dimensione. Si fermano, sbattono il muso con le difficoltà e poi riescono con coraggio e pazienza a farsi amare dagli indigeni del luogo che li ha accolti. E che non hanno nessuna intenzione di tornare, almeno per ora. Io e Alessia ci siamo visti dal vivo un paio di volte, forse tre e, miracolo delle affinità, ci consideriamo amici. Io sono un suo devoto ammiratore perché amo la sua forma d’arte e la sua capacità di creare atmosfere a metà tra il vintage e la modernità, con grande tecnica e passione e risultati molto emozionanti. E’ del segno del Leone e, per chi ci crede, chi fa parte di questa categoria zodiacale non ha certo carenze di passioni, a volte anche devastanti. Alessia Desogus è un’artista sassarese che da anni vive e ha successo in Andalusia, precisamente a Granada, dove esercita l’attività di attrice, cantante e insegnante di teatro. Inizia il suo percorso artistico all’età di 17 anni. Diplomata nell’ Ecole Philippe Gaulier” di Parigi e, specializzata in melodramma, collabora con musicisti provenienti da tutta Europa. Ha presentato recentemente il suo ultimo lavoro discográfico “Casi en blanco y negro” nel Festival Internazionale di Jazz di Granada , nella rassegna “Pasión para el Cabaret”  nel teatro nazionale “Fernan Gomez” di Madrid e a Cittá del Méssico DF, nell’ único Festival Internazionale di Cabaret del mondo.
Mi piace ospitare su Taribari persone che, oltre ad avere una forte sensibilità artistica, amano la tavola e il buon bere. E pare che Alessia non si neghi nessuno di questi piaceri
Cara Alessia, ti leggo iperattiva. Su e giù per la Spagna a portare in giro questa tua mezcla italo-sardo-ispanica. Come stai anzitutto?

Sto bene, con qualche crisi d’identità.
Questa “mezcla” italo sardo- ispanica conferma definitivamente il mio essere fuori luogo al momento giusto, o nel posto giusto al momento sbagliato.
Fai parte di quel mare di persone che hanno scelto di lasciare questo disastrato paese per cercare stimoli altrove. Tu poi lavori in un settore, quello dell’arte, dove immagino sia un po’ più difficile crearsi degli spazi. Lo hai fatto per giunta in terra straniera. Diciamo che non ti manca il coraggio.

Non saprei dirti se si chiama coraggio.Una cosa è certa, non sono capace di lasciarmi vivere e non sopporto troppo a lungo l’assenza di stimoli. Quando ho lasciato la Sardegna, l’ho fatto perché non avevo scelta. Non avevo scelta rispetto a me stessa e rispetto alle mie inquietudini.
Questa necessità ha governato quasi  sempre le mie decisioni, artistiche e non solo.
Ovviamente si paga un prezzo, ma non posso certo dire che non ne sia valsa la pena.
Sempre e comunque ne vale la pena.
Il desiderio e la passione sono il motore (l‘amore).
Il resto arriva da solo.
Certo non è stato facile o forse non lo è mai. Il lavoro che faccio è un work in progress.
Sempre in continuo movimento,  con cicli di grandi soddisfazioni e momenti di staticità, frustranti.
Vivere in terra straniera non è facile lo ammetto, ma la brezza mi porta lontano e io mi lascio accarezzare.
Da quello che leggo e vedo non si può dire che la Spagna e l’Andalusia in particolare, non ti abbiano accolta bene.

Hai ragione. Questo è un bel momento.
Ho appena presentato il mio spettacolo “Casi en Blanco y Negro “ (uno spettacolo di Cabaret e Caffè chantant) in un teatro nazionale  il Teatro “Fernan Gomez” en Madrid. Ma all’inizio è stata dura.
Il problema della lingua per un bel pó di tempo mi ha impedito d’ integrarmi  come attrice di teatro e forse, proprio grazie a questo limite che ho iniziato ad approfondire il campo musicale.
Come hai maturato la decisione di lasciare la Sardegna e fermarti a Granada?
Una serie di coincidenze fortuite mi hanno spinto sul primo aereo.
Avevo voglia di approfondire lo studio sulla comicità e il clown, perció m’ inscrissi nella scuola di clown di Eric De Bont ad Ibiza. Tra i tanti colleghi spagnoli ne conobbi uno di Granada e me ne innamorai.
Al rientro, dopo aver finito il corso, la Sardegna già non mi aspettava.
L’ultimo lavoro che stai portando in giro per la Spagna è costruito sulle canzoni che hanno fatto la storia della musica leggera italiana di qualità. Hai ancora molta Italia nel cuore… Prevedi  prima o poi di tornare?

Si, Travel Italia  è un progetto che avevo molta voglia di realizzare in Spagna. Avevo il desiderio di ricordarmi da dove provengo o forse di ricordarlo al pubblico o forse di dimenticarlo ricordandolo.
Ê strano quando si sta tanto tempo fuori dal proprio paese si diventa ci si riscopre nostalgici….
Come ben sai noi di Taribari ci occupiamo prevalentemente di cibo e vino. Ti so amante del buon bere e anche della buona tavola. Cosa mangi di buono laggiù?

Hai ragione caro Piero. A proposito grazie mille per questo invito virtuale mi sento  onorata.
In Spagna ho imparato ad apprezzare il vino rosso, o mejor dicho “el tinto” soprattutto il Ribera del Duero..
La cucina è davvero ricca, ed è incredibile la varietà di piatti tipici che offre l ‘Andalusia (specialmente). Sarà banale ma amo la paella (senza il peperone!) e il “salmorejo” che è una specie di crema a base di pomodoro, aglio e pane grattugiato. Una delizia soprattutto in estate. In Spagna ho imparato ad amare le zuppe di verdure (ammetto che prima non facevano parte della mia dieta)
Ti piace cucinare?

Dipende dai periodi….
Vivere a Granada ti obbliga a cambiare radicalmente il ritmo di vita.  Si vive molto fuori di casa. Si mangia spesso nei bar; ovunque si può trovare la “tapa” (insieme alla bevanda offrono degli incredibili antipasti).
Ad ogni bicchiere di vino corrisponde una “tapa” differente.
Qualcuno mi ha raccontato che il nome “tapa” deriva da un’antica usanza: quando i lavoratori entravano in una locanda per la pausa pranzo, si offriva loro un bicchiere di vino “tappato” da qualche pietanza,  per evitare che si ubriacassero.
Per poter bere, prima era necessario mangiare.
Il tuo piatto preferito?

La pasta al forno (di mia madre)
Quest’ultima risposta non lascia dubbi sulla carica di nostalgia che impregna cuore e mente di chi parte senza programmare il ritorno. Auguri Alessia.

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