UN SIGARO POETICO (PER MARCO NOCE E MILO DE ANGELIS)

24 novembre 2014  |  di Antonio Canu
“Ora c’è la disadorna/e si compiono gli anni, a manciate/con ingegno di forbici e/una boria che accosta/al gas la bocca”.

Se la fumata del sigaro di questa tappa di Zona Fumatori ha potuto evocarmi, non so come e perché –  ché imperscrutabili sono le dinamiche della riflessione generate dalla solitaria fumata di un habano – una poesia di Milo De Angelis, lo devo a Marco Noce. Marco è un chitarrista, uno straordinario autore di canzoni ed un poeta prestato, purtroppo e da tempo, al meretricio della professione giornalistica (che peraltro, al contrario di tanti suoi colleghi, lui interpreta con rigore e professionalità).

Gli sono debitore di tante cose, molte delle quali sono sicuro lui neanche ricorda o forse nemmeno sa: delle impagabili sensazioni generate dalle sue canzoni che hanno accompagnato tanti momenti della mia vita; del piacere che mi da vederlo suonare, ascoltarlo scegliere sempre la nota, l’accordo che non ti aspetti, l’ultimo che pensavi dovesse arrivare in quel momento e che si rivela invece sempre quello giusto. Soprattutto dal vivo dove, che le canzoni siano le sue o che metta la sua arte al servizio di altri (anzi soprattutto in questo caso), sceglie sfumature di suono che sembrano dettate dall’umore e dal sentire del momento trasformandosi in un arrangiatore sul palco, in tempo reale. Poi gli devo la spiegazione – fattami su un foglio, con dei disegni geometrici, appoggiati ad un muro mentre organizzavamo una festa dell’estate di qualche secolo fa -  tecnica, armonica e di struttura compositiva del perché adoro i Pixies e perché la loro musica mi trasmette un determinato sentire. Gli devo uno sguardo nuovo, che poi è diventato il mio, nel guardare all’arte contemporanea – pure da sempre una mia passione – con cui si cimentò come critico d’arte agli esordi della sua carriera nel mestiere più antico del mondo. Infine gli devo la cosa più importante: avermi aperto, con la sua passione e i suoi consigli, le porte della poesia italiana contemporanea: Conte, Valduga, il “suo” Magrelli e, soprattutto, Milo De Angelis.

La raccolta di quest’ultimo intitolata “Millimetri” rimane per me un oggetto di misteriosa e non decifrata attrazione, un’ Itaca eterna a cui tornare per cercare di capirne i versi, capire me stesso e il mondo. Per, ogni tanto, “fare il bianco” – come dicono i cameraman – prima di tornare a guardare, con occhi nuovi e colori e luce corretti, la realtà. É da quella raccolta di oggetti misteriosi che vengono i versi con i quali ho aperto, versi evocatimi dalla appagante fumata del

PARTAGAS SERIE D ESPECIAL – Edición Limitada 2010
Vitola: Gorditos (Robustos Extra)
Lunghezza: 141 mm – Ring Gauge: 50

Un habano ben conservato ha una vita lunghissima. Dopo alcuni anni dalla sua uscita spesso, dormendo nel humidor, si evolve. La ligada si integra alla perfezione e, se si perde un po’ di aggressività erbacea e minerale, un po’ di freschezza, si guadagna in complessità.
Lo dimostra questa edizione limitata di Partagas che fumai alla sua uscita sul mercato e poi oggi, dopo circa quattro anni nel mio humidor.

Tutte le foglie di questo sigaro – capa, sottocapa e tripa – vengono invecchiate almeno due anni prima di essere lavorate. Il meraviglioso formato di robusto “allungato”, ormai sempre più comune, ricorda l’originale stile dei formati pre-war come il Serie D No 3. La capa di un opaco colorado maduro, liscia e ben tesa, la compattezza e la solidità del ripieno prive di cedimenti, dicono di un sigaro dalla costruzione perfetta.

La degustazione da spento già promette legni e spezie. Si accende facilmente e parte con disarmante semplicità. Le prime boccate sono ampie e rotonde, ricche ma prive di aggressività. Subito, fin dai primi puff, tornano, più intensi ed identificabili che a crudo, caldi e profondi sentori di legni pregiati (quercia, cedro) e spezie (pepe verde). La forza cresce lentamente nel secondo terzo, è evidente ma ben dosata e porta con se una paletta aromatica sempre più ricca: nocciole tostate, cioccolato nero e note di cuoio in perfetto equilibrio. La soavità iniziale perdura fino alla più scontrosa parte finale della fumata che richiama sentori di torrefazione, caffè, affumicato di torba. Solido ma mai violento, anzi a tratti gentile, non è un “tipico” Partagas. Secondo alcuni è troppo lineare nella sua evoluzione, ma dire ciò vuol dire non saper cogliere le sfumature, le note nascoste. É come non cogliere e apprezzare in un brano musicale la sublime arte dell’arrangiamento. A costoro temo non piacerà il disco che ha accompagnato in sottofondo fumata e scrittura che pure è uno dei capolavori eterni, una delle massime vette musicali del ‘900: “Rock Bottom” di Robert Wyatt.

Ho fumato questo sigaro seduto nella veranda di una casetta di un villaggio di mare, deserto come può esserlo a novembre, guardando una sottile ed incerta pioggia cadere. Non avevo dunque a disposizione la consueta scelta di bevande alcoliche tra cui individuare il giusto abbinamento col sigaro. Il dio dei fumatori di habanos ha voluto che trovassi, dimenticata in un armadio dall’ultima estate, mezza bottiglia della grappa prodotta da mio suocero con le vinacce della vendemmia 2013. Vendemmia che ci ha dato un vino sempre buono e sincero, ma meno convincente del capolavoro artigianale dell’anno precedente. Ma che ci ha regalato, con le sue vinacce, una grappa gentile, solida d’alcol ma soave nel gusto e nei profumi. Una grappa che si esalta nelle sfumature della trama, negli arrangiamenti, nelle affinità elettive con un sigaro meraviglioso come questo Partagas Serie D Especial. Que muera la muerte, que viva la vida!

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