In ricordo di Bartolo Mascarello.

28 novembre 2008  |  di Piero Careddu

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UNA COMMEMORAZIONE ALLEGRA E GODERECCIA COL SUO VINO, LA CUCINA DELL’AUTUNNO, BUONI SIGARI E RACCONTI DI VINO E VITA

Commemorare una persona cara che fisicamente non c’è più è qualcosa di molto bello se l’obbiettivo è quello di mantenerne vivo il ricordo amorevole, il racconto delle opere grandi e piccole del suo percorso esistenziale, i momenti intimamente più teneri e allegri; niente a che vedere, per intenderci, con le cerimonie ufficiali con politici tromboni e lo sbadiglio che spadroneggia. Ieri per esempio io e tre amici abbiamo fatto la nostra cerimonia in onore di quel grande uomo che si chiamava Bartolo Mascarello, personaggio che definire uno dei più importanti produttori della storia del Barolo è troppo troppo riduttivo.

mascarello_no-barrique_label.jpg Ed è stata una commemorazione semplice e allegra che ha avuto il suo centro nell’apertura di un Barolo di Bartolo del 1991: l’ultima, ahimè, bottiglia di quell’annata. Io non mai incontrato Bartolo dal vivo ma ho avuto qualche piacevole conversazione telefonica nei primi 90, con la soddisfazione di essere riuscito a vincere  quella diffidenza contadina che accomuna caratterialmente i sardi e i piemontesi. In quelle chiaccherate, spesso lunghe, Lui malcelava il piacere di essere riuscito, per sola fama, a fare arrivare il suo vino anche in Sardegna; fui infatti, e forse lo sono ancora, il primo e l’unico ristoratore sardo ad avere le sue bottiglie in Carta. Nell’avvicinarsi del quarto anniversario della scomparsa non mi piace dire che Mascarello ha lasciato un grande vuoto: c’è la sua storia, il suo vino, i suoi insegnamenti, la sua intransigenza, le sue spettacolari alzate di testa che hanno fatto epoca. Bartolo era stato un partigiano della nostra Resistenza ma non ha mai abbandonato quella divisa e quel fucile, continuando la sua lotta contro l’involuzione di un mondo, come quello del vino, che quando lui era già all’apice del successo, cominciava a diventare sempre più finto e costruito.
Il suo Barolo, ma anche il Dolcetto e la Freisa Nebbiolata, erano terra, sogno, visione ma anche concretezza e disincanto. Grazie Bartolo, del tuo Barolo e di regalarci un pretesto per passare una serata davanti a una tua bottiglia…

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