Ennealcubo, la Newyork di Gianluca

12 novembre 2008  |  di Piero Careddu

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Finto diario di viaggio newyorkese di un sardo napoletano. Gianluca Vassallo ha un sito  gianlucavassallo.com dove potete ammirare i suoi lavori, o meglio le sue opere d’arte; perchè Gianluca è un artista nel senso più totale del termine, artista che spazia con disinvolta creatività dalla musica, alla grafica fino alla scrittura; ma non andrò oltre con le note biografiche, è di altro che vi voglio parlare, se non ricordare che Gianluca è di sangue napoletano ma respira da sempre aria sarda e, per quanto lo conosca da poco, devo dire che questa mescolanza si avverte tutta, nel modo di proporsi solare e allo stesso tempo austero e concreto. Questa è la seconda volta che scrivo di un libro e, oltre a farlo con il pudore di chi si sente senza alcun titolo, lo sto per fare davanti a un lavoro non ancora pubblicato, visto che il Vassallo vive la decisione finale per la pubblicazione, con il cilicio del dubbio e dell’insicurezza di chi ha un rapporto carnale con il proprio creare. ENNEALCUBO è un curioso contenitore che si sostiene su solide fondamenta di poesia e inquietudine; dietro l’apparenza del diario di viaggio a New York malcela una viscerale voglia di raccontarsi e raccontare la realtà rovistandone  in parti uguali bellezza e merda. La sua NY altro non è che lo specchio del mondo brutale e brutalizzato in cui viviamo: “…Festa del Giglio. Brookliyn. La stessa Italia di sempre si muove in processione. La banda di ottoni anima il viaggio con un’allegria che puzza di chiuso, mentre il prete, depositario degli assoluti del nostro tempo, asseconda la fobia del domani e benedice i passanti. Quaranta uomini in buona fede, ospitano le putrelle d’acciaio incandescenti su spalle nude. E camminano, dieci passi alla volta, muovono il carro, con un microcosmo festoso sulla schiena penitente. La religione si fa pretesto, misura. Il clima è pagano, affollato di cibo stracotto, di baracconi festanti d’azzardo, di bracciali di gomma, mafia in tazze, magliette, ombrelli, statuine. L’odore di fritto s’impasta con l’incenso, la madonna sbraita, suda, piange di marmo umano, mentre ogni frazione di minuto un nuovo devoto miracolosamente allunga la sua collana di dollari usati. La Grazia della Vergine qua si paga in contanti, con la stessa disinvoltura, lo stesso rito, con cui si acquista il sorriso di una vedette andata…”.
Sbaglia chi si limita a vedere nello scritto un taglio intimista, o peggio autoreferenziale. Mi pare che la bravura di Gianluca consista nell’avere trovato l’equilibrio tra i momenti di racconto della propria vicenda e una osservazione tutt’altro che passiva degli orrori del mondo: “…Devo archiviare tutto, con l’attenzione necessaria a non manipolare la memoria, perchè la scelta di cosa portare con se e di cosa lasciare che bruci è, in parte, rappresentare l’esistenza, assolversi, contestualizzarsi. La mattina dell’undici settembre mi sono alzato presto. Carlo Giuliani era stato ucciso pochi mesi prima, la politica corse a rassicurare l’assassino piuttosto che una generazione. Avevo priorità scandite, c’era da programmare l’essenziale, discutere il necessario, disturbare le certezze perchè nulla è più complesso di ciò che diviene vero. … Un caffè grazie. Si, odio la guerra. Oggi è torrido qui. Ci vuole dell’acqua. Gelata…”
Un’altra bella cosa di questo libro, che ancora non è libro, è il fatto che non sei costretto a leggerlo tutto d’un fiato. Il finale non è scontato ne imprevedibile perchè non c’è finale. C’è il ritorno ad altro soffrire, ad altra comtemplazione, altro godere. Leggi un capitolo, lo mastichi, ci ritorni e realizzi che è un privilegio aver letto un gioiello così inzuppato di sentimento ed emozione distillata. Auguro a tutti voi che Gianluca decida di pubblicare a breve…

ENNEALCUBO – New York e altre metafore  di Gianluca Vassallo
 

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