3 Bean Stout: la “collaboration brew” scandinavo-brasiliana

31 ottobre 2015  |  di Fabio Piredda

Delle innumerevoli imprese birraie del grande Mike Murphy, birraio statunitense giramondo, ho parlato diverse volte. E’ chiaro che il progetto “Lervig”, la graziosa Stavanger, la magia dei fiordi norvegesi e la possibilità di sfornare ricette nella più totale libertà d’ispirazione in un impianto bello grosso, sono elementi che hanno donato a quest’ultima avventura un concentrato di serenità, sperimentazione e stimoli non da poco. In parallelo, fra le ultime tendenze del mondo artigianale, quella delle cosidette “collaboration brew” rappresenta senz’altro un interessante spunto di riflessione, non fosse altro per la possibilità di veder realizzate birre a 4, 6, a volte anche 8 mani, da birrai di estrazioni brassicole completamente diverse. E proprio nel Nord Europa, e nella penisola scandinava negli ultimi tempi, non ci si è fatti mancare davvero niente. Uno dei tanti vantaggi della sequenza sopracitata di “privilegiate responsabilità” di cui un enorme birraio come Mike Murphy può fregiarsi in un posto come quello in cui opera, è la prerogativa di pensare in grande collaborando con i piccoli. Ne è un perfetto esempio il curiosissimo sodalizio con “Way Beer”, uno sparuto gruppo di birrai brasiliani giunti in Norvegia con cui Mike ha sviluppato una ricetta basata su tre ingredienti in “fave” (“beans”). Nasce così la collaboration brew “3 Bean Stout” (“stout alle tre fave”) secondo una ricetta che prevede l’utilizzo del cacao, della vaniglia, e delle fave tonka. Quest’ultimo ingrediente, conosciuto anche col nome “cumaru”, è un frutto molto simile al dattero, ottenuto dalla “Dypterix Odorata”, un albero tropicale che cresce soltanto nella zona più settentrionale/caraibica del Sudamerica, in particolare nella parte alta del Brasile e in Venezuela, Colombia, Guyana, Guyana Francese, Suriname e Trinidad & Tobago. L’aroma della fava tonka è determinato da un olio essenziale, la cumarina, che risulta davvero straordinario per intensità dolce-vanigliata e che, per questo motivo, viene utilizzata anche nella cosmesi. La “3 Bean Stout”, prodotta in unica cotta e perciò in tiratura limitatissima, si pone al cospetto di un mercato ormai ebbro di imperial stout, russian stout, baltic porter e chi più ne ha più ne metta, con un taglio decisamente più esotico, moderno e notevolmente stravagante. Ergo, chi non vedrebbe l’ora di stapparla e assaggiarla?

La classica bottiglietta di Lervig nel formato 33cl presenta un’etichetta riportante il logo del birrificio situato più in basso rispetto al logo di “Way Beer”. Il retro-etichetta recita: “A few brazilian brewers came all the way to Norway to brew a big giant of a stout keeping in line with giants we tossed a few magic beans in the brew for good measure… Plant the magic beans”. Il chiaro riferimento alle “fave magiche” tonka e alla collaborazione birraia fra Norvegia e Brasile, difficile anche solo da immaginare per ovvie differenze culturali/continentali/climatiche non fa altro che aggiungere “fame” alla mia già enorme curiosità. Al momento di stappare, dal collo della bottiglia parte un primo schiaffetto aromatico di cioccolato. Nel calice ampio un colore bruno scurissimo e assai vicino al nero, dalla densità completamente impenetrabile. La schiuma, stupenda, color nocciola, è talmente compatta da dare quasi la sensazione che non si tratti di un calice di birra ma di qualcosa di solido che gli somigli, come una candela profumata. La non infinita persistenza rilascia sulla parte alta quelli che nel gergo birraio vengono definiti “merletti di Bruxelles”. Al naso una importante complessità “invernale”. Amarene sotto spirito, radice di liquirizia, marron glacé e fichi secchi si fanno strada al naso su un tappeto di cioccolato e nocciole che rivela un robusto calore etilico. In bocca un gran corpo, una densità quasi da “cioccolata liquida”. In principio una intensa dolcezza investe il palato con sentori di cioccolato, uva sultanina, rabarbaro e prugna, con un accento mielato e una ben distinguibile carica astringente che si percepisce nettamente ai lati della lingua e prepara il palato a un sequel amaricante di caffè nero abbastanza lungo. Il retrogusto tostato-torbato-etilico è davvero di una infinita eleganza

Personalmente ho trovato l’abbinamento con dei pasticcini ripieni di crema di cioccolato di Modica davvero sensazionale, ma considero questa birra una alleata perfetta per qualsiasi soluzione che veda accostati il cioccolato e la frutta candita. Non escluderei che l’abbinamento con dolci sardi secchi (amaretti e papassine) possa riservare grandi sorprese; in alternativa con un buon sigaro non si dovrebbe sbagliare.

Così come per ogni grande cosa creata su questa terra, la “3 Bean Stout” non è per tutti. Sono sicuro che il suo bagaglio aromatico tagliato con l’accetta così come il suo tenore etilico prorompente, verrebbero registrati da una gran parte di bevitori sotto la voce “eccessivo”.

A mio avviso una birra davvero notevole. Innanzitutto per la davvero curiosa collaborazione che l’ha fatta nascere. Poi per la sua straordinaria identità aromatica. In ultimo per la sua totale inadeguatezza a una bevuta disimpegnata, qualità che per molti risulterebbe negativa ma che al contempo ne fa un prodotto adatto solo ai momenti davvero speciali.

Quando verso la mezzanotte del prossimo 24 dicembre fuori farà freddo, il vostro stomaco nonostante si trovi comprensibilmente provato dai bagordi del cenone chieda qualcosa di speciale con cui archiviare nel migliore dei modi il Natale, fateci un pensierino, stappatela a 15°-16°C e versatela in un bel calice ampio. Potreste anche riconsiderare una annata che fino a quel momento avrete giudicato orribile.

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