enrico, la cucina e il jazz

3 novembre 2014  |  di Piero Careddu

FACCIA A FACCIA CON ENRICO MASIA CUOCO COLTO E MUSICOFILO DELLA SCENA PARIGINA.

Enrico Masia è un sardo di quelli che sfuggono ai luoghi comuni che la storia ci ha cucito addosso.  Pur non essendo particolarmente interessato al palcoscenico mediatico e alle paillettes che tanto piacciono ai cuochi di questi ultimi anni, lui è persona aperta e disponibile al confronto e allo scambio. Certo è che preferisce esprimersi col lavoro quotidiano e con una cucina vera che lascia poco spazio alle chiacchiere. E’ insomma uno di quegli chèf che ancora ama stare in cucina a toccare con mano le materie prime e a vivere la magia della trasformazione.  Originario di Ittiri. a pochi chilometri da Sassari, ha 38 anni di cui 20 passati in giro per l’Europa ad accumulare conoscenze tecniche e cultura.  Ora vive da una decina d’anni a Parigi con la bella moglie Tania e due splendidi bambini con un terzo in arrivo.  E’ l’executive chèf del Romantica Cafè dove pratica una cucina dalle solide basi italiane-mediterranee ma di grande respiro e recettività. Ci siamo conosciuti con Enrico qualche anno fa durante un’iniziativa benefica presso il Ristorante di Vito Senes  a Sennori ed è stato subito feeling grazie anche alla comune passione per la buona musica e per il jazz in particolare.
Caro Enrico è stata una scelta dolorosa quella di lasciare la tua terra o l’hai vissuta da subito con serenità?

La scelta di lavorare all’estero era già stata prospettata da quando da piccolo decisi che avrei fatto il cuoco. La prima volta che mi spostai provai una serie di sentimenti contrastanti tra di loro, fu un misto di entusiasmo, malinconia e paura (immagina un ragazzino di 19 anni che va via da Ittiri, paese di neanche diecimila abitanti, e sbarca a Londra). In seguito iniziai a prenderci gusto, ogni volta che tornavo a casa avevo la sensazione di aver vissuto di più che stando in paese, dove avevo l’impressione che il tempo si fosse fermato. Dal 2004, dopo essere stato un po’ in giro per diversi posti tra cui Svizzera, Inghilterra e nord Italia, ho deciso di stabilirmi a Parigi dove non nego mi trovo molto bene. Ma casa mi manca sempre e anche tanto.

Quanto ti manca la quotidianità sarda?

Se qui a Parigi dovessi vivere la quotidianità come da noi credo che la voglia di tornare in Sardegna non sarebbe la stessa. In questa grande metropoli trovo ci sia molto individualismo e tanta superficialità, perciò distacco tra le persone. Mentre da noi esiste ancora quel senso di collettività che a me tanto scalda il cuore.

Come sta cambiando la cosiddetta grande cucina?

La grande cucina ha avuto in questi ultimi anni una grande svolta positiva, soprattutto in termini di salute. L’attenzione per i cibi e le pietanze si è spostata sempre più verso altri fronti, in poche parole oggi si sta cercando di raggiungere un perfetto equilibrio tra salubrità (soprattutto), gusto ed estetica.

Cosa ne pensi dei tecnicismi esasperati che hanno caratterizzato i recenti anni passati?

Alcuni di questi tecnicismi hanno apportato alla cucina delle innovazioni riguardanti l’igiene alimentare. Con la padronanza delle basse temperature, termostati emersione, abbattitori di temperatura, sifoni, ecc. Insomma, c’è una grande attenzione nella manipolazione della materia prima. D’altro canto trovo che molte di queste tecniche siano veramente esasperanti e inutili. Questo ha portato alla creazione di una generazione di giovani cuochi che hanno un atteggiamento più incentrato sulla sperimentazione che su altri aspetti, e questi spesso, non hanno la minima concezione di quello che veramente sono le basi della cucina. Allora la mia domanda è: un piatto è interessante, quindi buono e ben riuscito quando è semplice o lo è solo quando è ottenuto con delle tecniche complesse? perché oggi sembrerebbe, per alcuni, che la bravura di un cuoco si misuri solo attraverso l’impiego e l’esecuzione di passaggi complessi e artificiosi.
Nonostante pensi che la ricerca, lo studio e la sperimentazione in ambito culinario sia una strada da percorrere costantemente, continuo a sostenere che la SEMPLICITA’ sia un “valore” insostituibile.

Immagino che ogni tanto andrai a cena fuori. La scena parigina ha ancora qualcosa di veramente interessante?

Sì Piero, Parigi rimane sempre uno scenario interessante. Come tu sai la Francia è piena di cuochi fuoriclasse, molti di essi fanno la loro formazione nei vari ristoranti stellati e alcuni vengono fuori da qualche Palace e aprono i loro bistròt al pubblico, dove fanno una cucina molto raffinata e a buon mercato, esprimendo il loro savoir faire ! Per me questi sono fonte d’ispirazione.

Pensi di tornare prima o poi “a casa” ?

Sarebbe bellissimo poter tornare a casa un giorno, non nego che ci penso spesso. Mi piacerebbe poter lavorare con i prodotti della nostra terra, collaborare con produttori, contribuire allo sviluppo e alla valorizzazione del nostro territorio che ne ha tanto bisogno. Ma non vedo un futuro molto sereno in Sardegna, questo probabilmente è dovuto alle politiche amministrative. E comunque non so se lascerei totalmente questa città che per me è una seconda casa.

Cosa senti di consigliare a un ragazzino che ha deciso di intraprendere il percorso professionale del cuoco?

Il lavoro del cuoco è un lavoro duro e difficile, pieno di rinunce e sacrifici. Bisognerebbe esserne convinti prima di intraprendere questo percorso. A parte questo, fare il cuoco è anche uno dei mestieri più belli del mondo, stare costantemente a contatto con quello che la natura ci offre, dedicarsi alla trasformazione dei prodotti è una sorta di magia che si rinnova tutti i giorni. Quello che consiglierei a un ragazzino che decide di intraprendere questo mestiere è di trovare sempre delle motivazioni e degli stimoli per progredire nella propria carriera, di non sentirsi mai arrivati, di rimanere umili (che star ce ne sono fin troppe), e in particolare di arricchirsi di cultura, prendere spunto dalla letteratura, dalla storia, dall’arte e dalla musica. La cucina è completa quando essa si combina col mondo circostante. Perché la cucina è arte, convivialità, condivisione, semplicemente vita.

Grazie Enrico per la disponibilità e speriamo di incontrarci magari a Parigi al prossimo concerto di Roberto Fonseca…

1 Commento a “enrico, la cucina e il jazz”

  1. Antonio scrive:

    cari amici ho avuto l’onore e il piacere di lavorare con Enrico Masia e vi posso dire che è un grande professionista nel lavoro è un grande uomo nella vita

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