Tarthesh Hotel: magie mediterranee

17 luglio 2008  |  di Antonio Canu

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Guspini è uno dei maggiori centri del Medio Campidano. Nel passato, anche per via del vicino polo industriale di Villacidro, crebbe molto e disordinatamente. Oggi, con la crisi lavorativa si è progressivamente spopolato ma rimane comunque un paesone di oltre 13.000 abitanti. Il paese in se non è particolarmente bello e non ha grandi attrattive se si escludono i manufatti di Gian Paolo “Furitto” Cancedda, maestro della Corporazione Italiana Coltellinai che realizza artigianalmente, anche in versioni nelle quali esprime la sua originale e innovativa creatività, il tipico coltello “guspinese” a punta mozza.
Poco fuori dal paese però, è possibile visitare il suggestivo sito minerario di Montevecchio, oggi parzialmente restaurato e trasformato in un vero e proprio museo a cielo aperto di archeologia industriale e memoria politica. Inoltre a meno di 30 km dal paese si trovano alcune spiagge incantate, tra cui quella di Piscinas. E’  uno dei pezzi più belli e, fortunatamente, ancora selvaggi di costa sarda, spesso deserto e perciò ancora più affascinante.
Insomma a Guspini si va o a comprare i coltelli di Furitto o fare base per le escursioni nei dintorni. O, come nel nostro caso, per dormire e passare alcuni magici momenti al TARTHESH HOTEL.
5b.jpgAlla periferia del paese, dietro un grande quanto anonimo supermercato, si apre il cancello di questo hotel. Piú che un ingresso un varco spaziotemporale attraverso il quale si viene proiettati lontanissimo dalla ordinaria e un pó anonima realtá circostante. Il corridoio ad arco, di pietra calda, su cui si affacciano le porte della hall dell’hotel e del ristorante finisce con un grande e antico portale di legno. Varcandolo ci si lascia dietro questo mondo (macchine, rumori, supermercato, insignificante periferia) e si entra in un altro. Incantato, fatto di quiete, angoli nascosti, vasche e canto d’acqua che scorre, prati verdi e alberi che finiscono ai bordi di una grande e meravigliosa piscina. Superata la porta dell’albergo si é accolti da uno stile unico nel quale costumi sardi e libri sulla nostra storia incontrano monili e vesti di altri popoli, dove i tappeti sardi sono utilizzati alla moda araba, distesi lí con dei puff sopra per potercisi sedere avvolti da una musica esotica e rilassante. Potremmo parlare dell’essenziale ma curata eleganza delle stanze standard, della raffinatezza, il gusto e il lusso trattenuto e mai ostentato di quelle di livello superiore, della bellezza della cantina rustica, dell’ampia offerta di massaggi e trattamenti o, a voler trovare per forza diffetti, della maggior cura che avremmo voluto nell’allestimento della carta dei vini o nella scelta del menu del ristorante. Ma sono difetti veniali questi ultimi, oltre che facilmente rimediabili e giustificati dal fatto che la nostra visita é stata fatta appena dopo alcuni mesi di chiusura.  4b.jpg
Ma tutto passa in secondo piano in un hotel che ci ha conquistati con la sua rilassata magia e con la volontá che sembra sottendere le scelte stilistiche di questo luogo: ricollocare la Sardegna nello spazio geografico e culturale che piú le appartiene. Non l’Italia o l’Europa dunque, ma il mediterraneo meridionale che lambisce nord Africa e vicino oriente. Da lí veniamo e lí la scelta di ospitalitá del Tarthesh Hotel sembra volerci ricollocare, seppur per il troppo breve periodo del nostro soggiorno. In attesa che a quel mondo culturale noi Shardana ci si possa un giorno, per sempre e totalmente, realmente ricongiungere. Insh’Allah.

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